“Il mio bambino che prima era un fagottino tutto dolce, ora non lo riconosco più. Oppositivo e testardo”. Vediamo cosa accade ai bambini verso i 18 mesi/due anni, a contatto con i quali sentiamo spesso parlare di capricci, prime frustrazioni e manifestazioni di rabbia. Vediamo insieme come provare a gestire i capricci, come mai si manifestano e quali opzioni ha il genitore.
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Cosa sono i capricci
Ciò che noi adulti chiamiamo capricci sono semplicemente i bisogni del bambino.
Sembra una definizione fin troppo semplice, ma se iniziamo a cambiare il nostro modo di interpretare i “capricci” del bambino, vedendoli come bisogni e leggendo un’incapacità naturale del bambino di esprimerli in un modo differente, anche il nostro approccio ad essi non può che essere più calmo e comprensivo. Partendo da questo presupposto, il capriccio non scatta se noi riusciamo a sintonizzarci con il bambino e capire il suo bisogno. Sapendo che è un bisogno, il nostro intento dovrebbe essere quello di riuscire a soddisfarlo, nei limiti del possibile, o comunque, riconoscere al bambino il suo bisogno e spiegare eventualmente il motivo per il quale ci è impossibile soddisfarlo in quel momento. Ricordiamoci che il bambino a quest’età ha bisogno di sentirsi libero di esplorare. Intanto, per supportare questa esplorazione posso mettere la casa in sicurezza. Vedi qui quali accorgimenti apportare.
Possiamo a questo punto prevedere che il bisogno del bambino non soddisfatto porterà ad un momento di frustrazione e rabbia. Anche qui, ci dobbiamo ricordare che, nonostante la nostra spiegazione, prevarrà l’emozione del bambino e non la sua razionalità ancora non sviluppata. Il bambino sente le emozioni, ma non sa ancora identificarle e tanto meno capire cosa fare con ciò che prova. La rabbia, un’emozione molto forte e potente, invade il bambino e gli fa perdere il controllo. Ecco che abbiamo il bambino che si butta per terra, scalcia e urla facendo fatica a calmarsi. Ma noi adulti non ci arrabbiamo? E guai se nel momento in cui siamo arrabbiati qualcuno prova a dirci “calmati e poi ne parliamo”, la cosa ci farebbe arrabbiare ulteriormente facendoci perdere le staffe. Allo stesso modo, dobbiamo permettere al bambino di arrabbiarsi ed essere di supporto per superare il momento insieme.
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I motivi dei capricci e la rabbia dei bambini
Perché un bambino fa i capricci? O meglio, perché un bambino che non vede soddisfatti i suoi bisogni si arrabbia?
i capricci del bambini partono solitamente da un nostro “no”. Come se a noi adulti ricevere un no secco da altre persone piaccia. Però pretendiamo che i bambini lo accettino senza mostrare alcun tipo di disappunto. Peraltro, il bambino mostra di non essere d’accordo con noi attraverso il pianto, spesso un pianto molto forte, quasi disperato. Ai nostri occhi è esagerata la reazione del bambino, in realtà lui non ha un altro modo per comunicarci il suo disappunto al nostro no.
Se un bambino inizia a dire i suoi primi “no” dobbiamo sapere che in questo momento il bambino sta iniziando a formare il suo pensiero e sta creando la sua personalità. Nel suo processo di crescita è quindi una tappa fondamentale ed è un’occasione dell’adulto per ascoltare in modo empatico il proprio figlio, allenare la propria pazienza e rinforzare il legame e la comunicazione con lui. L’inizio di una comunicazione che continuerà per tuta la vita e ci aiuterà nel periodo dell’adolescenza.
Le sei storie delle emozioni
All’adulto sembra che il bambino si arrabbi per “sciocchezze”: un giocattolo tolto da un altro bambino, un biscotto non dato nel momento della richiesta, un qualsiasi no ricevuto dal genitore. Proviamo a metterci un attimo noi adulti in una di queste situazioni. La nostra amica che ci prende le chiavi della macchina e la mette in moto senza dirci una parola, il nostro cibo preferito è davanti a noi in un momento di fame e non lo possiamo assaggiare, un no ricevuto ad una nostra richiesta al datore di lavoro, al nostro partner o ad un amico. Rimaniamo spiazzati anche noi davanti a situazioni di questo tipo.
Non solo, ognuno di noi ha reazioni diverse a seconda della propria predisposizione. Ed ogni emozione deve essere accettata per quella che è. Perché le emozioni del bambino allora non vengono considerate dandogli il giusto peso? Solo riconoscendo la validità della sua emozione possiamo supportarlo nella gestione della stessa, ricordandoci sempre che è un processo fisiologico, qualcosa che ci dice che nel cervello del bambino tutto sta funzionando e si sta sviluppando come dovrebbe.
Che rabbia!
Quali no dire ai bambini
Abbiamo visto che il pianto del bambino è spesso preceduto da un no detto dal genitore. Per evitare che il bambino abbia questi scatti di rabbia cosa deve fare l’adulto? Dire sempre di sì e lasciare che il bambino faccia quello che voglia? No, non vi stiamo dicendo questo. Ci sono sicuramente dei no che il genitore deve dire. Devono essere pochi, ben pensati e se detti in maniera decisa, devono essere mantenuti.
Quindi bisogna decidere quali cose vietare al nostro bambino in maniera irreprensibile. Sicuramente tra queste ci devono essere quelle che riguardano la sua salute e la sua sicurezza. In questi casi non ci possono essere compromessi, si porta il bambino lontano dal pericolo e se piange? Lo si consola, si sta vicino a lui nel momento di crisi e gli si fa capire che gli vogliamo bene, che accettiamo che non sia d’accordo in quel momento. Accogliamo, accompagniamo e supportiamo il bambino nella sua emozione che nel tempo imparerà a regolare; è sufficiente la nostra presenza in questi momenti. Il resto può anche essere negoziabile, senza che sentiamo la nostra autorità venire meno. Negoziabile non vuol dire dare prima un no che poi si trasforma in un sì. Vuol dire che se il bambino vuole o meno fare una cosa, noi possiamo accompagnarlo con dolcezza, coinvolgendolo e proponendogli delle alternative.
Fergal è arrabbiato!
Capire le nostre emozioni per gestire quelle del bambino
Avere un figlio mette in discussione noi stessi, quello che siamo stati da bambini, come siamo cresciuti, come ci immaginavamo da genitori e come in realtà siamo. Un bambino che piange, che si butta per terra e tira calci e pungi senza riuscire a calmarsi va a toccare delle corde dentro di noi a seconda di quello che siamo e abbiamo vissuto. Non riuscire a capire il pianto di nostro figlio è frustrante in primis per noi.
Entra in gioco in quei momenti anche la nostra emozione, non riusciamo a controllarci, urliamo contro il bambino e ci sfoghiamo su di lui. In quei momenti dobbiamo avere la capacità di vederci al di fuori da quella situazione, capire qual è l’emozione che prova il bambino e quale emozione sta facendo scattare in noi. É un momento in cui il bambino ha bisogno di noi, non possiamo riversargli anche la nostra reazione non controllata e pretendere che sia lui a controllarsi.
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Ci dobbiamo chiedere cosa sta facendo arrabbiare noi. Il fatto che il bambino non ci sta ascoltando? La reazione che riteniamo esagerata del bambino? Solo dopo aver capito che il bambino non sta intraprendendo una lotta di potere con noi, ma sta avendo una risposta assolutamente fisiologica per l’età che ha, sta esplodendo in forti emozioni che non sa regolare e gestire diversamente, posso mettermi nei suoi panni, capire e leggere la sua frustrazione, mantenere la calma, aspettare che la forte scarica emotiva che sta vivendo passi e consolarlo. Imparare a gestire la nostra rabbia è molto importante per aiutare il nostro bambino ad affrontare la sua. Non possiamo lamentarci se il nostro bambino perde il controllo se siamo noi i primi a perderlo. L’esempio è il miglior modo per insegnare qualcosa.
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Strategie per prevenire e affrontare i capricci
- Il primo passo per capire il nostro bambino è capire noi stessi, metterci in sintonia con il nostro lato emotivo, accettare le nostre emozioni, conoscerci e riconoscerci per accogliere il bambino e le sue emozioni.
- Per affrontare ed accogliere i bisogni del bambino è necessario informarsi. Leggere libri e mettersi in discussione è il primo passo per approcciare al nostro bambino nel modo migliore.
- Rispetta il tuo bambino, le sue emozioni e le sue reazioni.
- Accetta e accogli il bambino per quello che è, evitando paragoni con fratelli, sorelli o compagni.
- Mettiti nei panni del bambino, riconoscendo i motivi del suo pianto come motivi validi. Un bambino che piange è un bambino che ci sta comunicando un disagio. Non esistono motivi stupidi, così come non esistono capricci.
- Ricorda anche che il cervello del bambino non ha la parte razionale sviluppata come la nostra, autocontrollo e linguaggio si svilupperanno nel tempo.
- Accogli il momento di rabbia del bambino, aspetta che passi la sua grande reazione ed offrigli la tua presenza.
- No a premi e punizioni. Premi e punizioni sembrano risolvere il “problema” nel breve termine, ma di fatto modificano il comportamento solo in virtù della risposta che noi diamo. La punizione, così come la minaccia, funziona solo perché la paura del bambino di perderci è più forte della rabbia che sta provando in quel momento. Quindi il bambino smette di piangere per il bene che ci vuole. Ma noi dobbiamo passare al bambino il messaggio che qualunque cosa faccia noi lo amiamo, a prescindere dalle sue azioni. Noi lo amiamo per quello che è. Il premio ha un’accezione positiva ma sposta l’attenzione del bambino sul premio e non sulla soddisfazione intrinseca del bambino nel compiere un’azione.
- Educa con amore, non con la paura. Ama in modo incondizionato il tuo bambino, anche e soprattutto nei momenti più difficili.
- Abbassa il tono della voce. Mantenere un tono di voce calmo fornisce un buon esempio al bambino su come comunicare i propri bisogni in maniera consapevole.
- Abbraccia il bambino. Se ne ha voglia, abbraccialo nel momento della crisi, se non vuole, stagli vicino fino a quando si calma e magari sarà lui ad abbracciarti. In ogni caso, fallo sentire accolto per sciogliere la tensione che si è creata.
- Coinvolgi il tuo bambino in qualcosa che non vorrebbe fare. “Noemi lavati, mettiti la crema e vestiti” “No, no e no!” “Noemi, io mi metto qui a mettere la crema, mi aiuti, la spalmiamo insieme sulle mie gambe, ooohh guarda quante strisce bianche, sembrano onde del mare”. Cambiando la tua richiesta cambierà automaticamente la risposta del bambino.
- Proponi al bambino delle alternative. “Greta è tardi, è ora di entrare in casa” “No!” Greta stiamo ancora 5 minuti.. Ora vieni che entriamo, in casa vuoi giocare con la casetta o con gli animali?” Il bambino sposta l’attenzione ed è più facile che riusciamo ad ottenere quello che vogliamo, senza urla, facendo sentire il bambino ascoltato.
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La mia nipotina di quattro anni da un po di tempo fa le linguacc’è e dice cacca. Come comportarsi.?
In linea generale, i bambini tendono a ripetere quei comportamenti che suscitano negli adulti una reazione, positiva o negativa che sia. Il consiglio è quello di ignorare il comportamento che si vuole interrompere e dare attenzioni in momenti tranquilli per rinforzare l’idea che per attirare l’attenzione non ha bisogno di mettere in atto quegli atteggiamenti. Nel.caso della sua nipotina mi sento di dirle che i bambini in alcune fasi sono molto interessati all’argomento cacca. Si può tranquillamente provare a capire qual è la curiosità e parlarne senza alcun timore, partendo dal presupposto che è una cosa più che normale e che tra le mura di casa si ha la possibilità di parlare di qualunque argomento